Orlando Piazza - Brolo,il Paese dei Gatti

Brolo, il Paese dei Gatti
Vai ai contenuti
 
 

A Brolo abbiamo il piacere di avere come nostro compaesano, nativo e ora non più residente (ma sempre presente), un Grande artista della pittura ad acquerello Orlando Piazza.
Orlando, prima di darsi alla pittura è stato un abile disegnatore tecnico che ha lavorato alla Bialetti, contribuendo con il suo ingegno e capacità allo sviluppo della oramai famosa Caffettiera Moka Bialetti .
Nel libro "LA CAFFETTIERA PERDUTA" di Mauro Lapetina un intero capitolo è dedicato proprio ad Orlando.
Di seguito potetete leggere il capitolo dedicato a Orlando Piazza.
Pubblicazione autorizzata dall'autore Mauro Lapetina, il quale vi ricorda che il libro è acquistabile sul sito www.puntoitaliastore.de









 
 
                           

EPISODIO IX  
 
 
I progetti di Orlando

 
 
Il 12 ottobre 2021 all'uscita dal piccolo cimitero di Montebuglio, nella bacheca accanto al portone appariva una lista di nomi. Accennai un sorriso, quasi tutte quelle persone mi erano oramai familiari. Nel mio lungo ed estenuante lavoro d'archivio avevo almeno una volta intrecciato il mio percorso con le loro vite o quelle dei loro avi. Conclusi prima del previsto la visita e dirigendomi al parcheggio di fronte alla chiesa di San Tommaso, all'improvviso decisi di telefonargli.
"Sì, certo so chi sei… ma oggi sono in montagna e ritorno questa sera. Prova più tardi e ci vediamo in strada", rispose frettolosamente. Rimasi esterefatto al telefono, quasi avesse aspettato da anni la mia chiamata. Finalmente avrei potuto conoscerlo di persona.
Lui, Orlando Piazza riuscii a contattarlo dopo una travagliata ricerca che durò moltissimi mesi. Schivo, camuffato da acquarellista, la sua conoscenza fu per me la vittoria più eclatante, uno dei momenti più emozionanti di tutto il mio periodo di ricerca.
L'inizio della mia "malattia bialettiana", coincise con il ritrovamento a Torino dei progetti di sviluppo della caffettiera. Tale "tesoro" mi ossessionò a tal punto da cominciare un fantastico viaggio, strapieno di luoghi e storie assolutamente leggendarie.
La gran parte dei progetti rinvenuti furono firmati da lui, Orlando Piazza, che dai primi anni '60 lavorò nell'ufficio tecnico della fabbrica di caffettiere più grande del mondo.
Da ricercatore provetto, proprio a causa del mio ardore, ero stato sopraffatto dagli eventi che resero l'incontro con  lui  alquanto singolare. Stupidamente avevo pensato che non fosse più in vita, e tra l'altro avevo cercato esclusivamente il suo cognome, perché dalla sua firma non ero riuscito a decifrare il suo nome. Non avevo trovato nessun indizio, nulla che mi portasse alla fabbrica o a lui. Tra l'altro la ricerca



Disegno tecnico degli imbuti, firmato Orlando Piazza, 1965 (1)

 
si complicava notevolmente data l'enorme diffusione nella zona del cognome Piazza.
 
Già dal lontano 2019 avevo deciso di pubblicare alcune inserzioni, cercando esplicitamente notizie su di lui. Alcuni mesi dopo fui sorpreso da una telefonata che, letta la mia inserzione, mi informò che il sig.Piazza era deceduto. Amareggiato e scosso dalla notizia, mi rammaricai di non aver reagito abbastanza velocemente alla lettura della firma dei suoi disegni.
 
Alcuni giorni dopo, il 15 ottobre, avendo dimenticato di eliminare l'inserzione, fui sorpreso da una mail:


 
 
Buongiorno sig. Mauro, la contatto per l'annuncio:
"SIG. PIAZZA DISEGNI BIALETTI"
Mi dispiace di aver visto in ritardo i suoi annunci.
Per  quanto  riguarda il sig. Piazza che lei stava cercando,
posso informarla che ora è un pittore abbastanza famoso
    in zona, e un ex disegnatore tecnico Bialetti.
Ora circa ottantenne.
Inoltre credo proprio di averlo visto di sfuggita qualche giorno fa al mercato.
Purtroppo non ne conosco il numero di telefono,
magari può contattarlo tramite qualche galleria di quadri.
Cordiali saluti. Bruna"


 
 
Ero confuso: prima la telefonata che ne dichiarava il suo decesso e adesso la comunicazione che lo dichiarava un affermato pittore! Parlavamo della stessa persona? Mi chiesi ripetutamente. Scrissi nuovamente a Bruna chiedendo innanzitutto se ci fosse stato un equivoco e che ad ogni modo avrei voluto contattarlo.
 
Mi rispose nuovamente:


 
 
"Rieccomi, ho rintracciato il numero telefonico di Orlando Piazza
(siamo lontani parenti) e mi ha autorizzata a darlo a lei.
Inoltre dice di non  essere abile con internet e computer,
ma al telefono non ha nessun problema.
Cordiali saluti. Bruna."


 
 
Emisi un grido di vittoria, l'esultare mi aveva distratto per un momento dal pensiero che un'altra persona fosse deceduta. Gli telefonai, e fu una grande emozione, lui fu letteralmente scioccato che, da così lontano, qualcuno lo avesse cercato… Discutemmo dei progetti da lui disegnati negli anni '60 e del loro ritrovamento in una cantina torinese.
 
"No... sono vivo Mauro" mi disse dall'altro capo del telefono.
 
"Nel reparto tecnico della Bialetti in quegli anni lavorava anche un bravissimo disegnatore, amico mio. Anche lui si chiamava come me!", riprese. Nonostante la pittura assorbisse tutti i suoi stati emotivi, lo persuasi ad aprirsi e, dopo le mie insistenti richieste telefoniche, mi spedì in Germania alcuni schizzi della moka che ridisegnò nuovamente per me. Rileggere  la sua firma, paragonarla e ammirarla 50 anni più tardi, fu un momento emozionante.
 
Nel periodo della nostra corrispondenza mi inviò alcune considerazioni sulla vita di fabbrica e alcune teorie a cui l'ufficio tecnico stava lavorando negli anni '60.


 
 
"Bialetti-Crusinallo: Il reparto  tecnico era formato da uno staff di uomini
con uno spiccato senso di organizzazione e capacità nel campo della
meccanica ricordiamo: Direttore Campanini e Felia; alla meccanica Bottiroli;
in fonderia Sommacal; al controllo qualità Frigerio; alle spedizioni Piloni;
ufficio disegnatori Piazza Giuseppe e Piazza Orlando.
 
A quei tempi la loro inventiva  era già proiettata nel futuro
e nello spirito della ricerca di nuove forme e soluzioni tecniche,
si percepiva un coinvolgimento legato all‘avanzamento della robotica,
che si prospettava seppure di prima generazione".


 
 
Poi arrivò la pandemia e il contatto scemò fino a quando decisi di telefonargli il giorno che uscii dal cimitero di Montebuglio.
Trascorsi tutto il primo pomeriggio in un locale a chiacchierare con due ex dipendenti dello stabilimento Bialetti. I due "ribelli" oltre che illuminarmi sulle battaglie sindacali che avvennero, non si tirarono indietro nel confermare che la fabbrica fu fonte di benessere per tutta la comunità e inoltre osannarono l'audacia e il coraggio del fondatore, Renato Bialetti, il quale fece costruire una fabbrica di assoluta innovazione, creando stimoli ai dipendenti che usufrivano di un ambiente lavorativo di prim'ordine, moderno e piacevole.
Lasciatomi alle spalle i simpatici pensionati, telefonai a Orlando più volte perché non capivo dove sarebbe stato il luogo d'incontro, che non so per quale motivo, cambiava continuamente.
Poi in quei vicoli, che quasi per magia si trasformavano continuamente in senso unico, vidi una sagoma nel bel mezzo della strada, che dapprima si dimenava come un burattino e poi in seguito avvicinandomi, quasi fosse stato un carabiniere fece segno di accostare.
Ero emozionato finalmente l'avrei potuto incontrare. Aveva ospiti a casa  e quindi sarebbe stato solo per qualche istante. Portò con sé del materiale, aprì una rossa, grossa cartella e sparpagliò sul cofano sporco della mia macchina una montagna di progetti, schizzi, disegni, incluse le mie vecchie lettere piene di speranza, e disse: "Prendi tutto, io sono vecchio ormai, a me non servono più… prendi tutto."
Parlammo alcuni minuti e mi lasciò, promettendomi che ci saremmo rivisti per un caffè. Si portò via un solo vecchio progetto, che mi disse avrebbe fatto vedere ai suoi nipoti. Nel momento in cui decise di andare, gli scattai una foto con in pugno il disegno che volle portarsi via e un progetto della



Orlando Piazza, 2021 (2)

piantina della fabbrica che mi apparteneva, che gli mostrai, e che nella fretta e la confusione per sbaglio volle portarsi via…
Arrivato a casa a notte fonda, ancora con la giacca indosso, avevo un unico pensiero, quello di riaprire la cartella e gustarmi, toccare ancora con mano, annusare quei capolavori che nella fretta avevo praticamente scaraventato nuovamente nella cartella rossa.
Ci sentimmo ancora diverse volte al telefono e non mi sorprese affatto il modo in cui mi descrisse con entusiasmo la fabbrica dove aveva lavorato: una fabbrica modernissima, una pulizia maniacale, ripeteva orgoglioso, e poi quasi in estasi esclamava: "Mauro non ti dimenticare di scrivere che per ogni operaio, c'era una doccia e un lavabo a disposizione, e guai a lasciarlo sporco… inoltre un fonditore poteva andare a lavoro vestito da festa!"
In quella fantascientifica fabbrica di cristallo, i disegnatori avevano oltre alle montagne di disegni da realizzare, anche una certa libertà di proporre



Orlando Piazza, ex disegnatore tecnico Bialetti (3)

nuove soluzioni innovative che potessero migliorare in qualche modo o il sistema di produzione o la caffettiera stessa.


La baionetta


 
L'ufficio tecnico Bialetti lavorò inoltre a diversi progetti che vennero successivamente abbandonati. Pezzi di storia, esempi di una mentalità di gruppo sempre pronta a confrontarsi e a migliorarsi.



Sperimentazione del sistema a baionetta (4)

Nei primi anni '60 si studiò un'alternativa all'avvitamento classico della caffettiera: apertura e chiusura a baionetta.
 
Un'idea innovativa, non proprio insensata. Orlando, sforzandosi di ricordare i dettagli, non escluse che il tutto fu studiato a favore delle casalinghe dell'epoca. In effetti, non di rado negli anni '60 (e non solo) tra un carosello e l'altro alla tv, si assisteva alla classica scena: il fortunato caffettiere di turno, tentennava ad aprire la caffettiera, forse stretta impropriamente con troppa foga.
 
I meccanici della Bialetti ebbero non poco a che fare nell'assecondare l'ufficio tecnico che sfornava, grazie ai suoi "ragazzi" e alle ossessioni di Renato, montagne di idee. Il sistema a Baionetta non superò le varie fasi di controllo, che resero questo nuovo metodo insicuro nel caso si fosse esercitato un movimento poco composto (anche se la Girmi lo realizzò). Solamente alcuni prototipi videro la luce, la rivoluzionaria idea naufragò.


Il rompigetto: "un caffè come al bar"

 
 
Questo progetto fu il risultato di un'accanita collaborazione tra l'ufficio tecnico Bialetti e il reparto meccanico che, dalle rare testimonianze, dovette sudare non poco nell'adattare i prototipi usati nella prima fase sperimentale.



Fase sperimentale del rompigetto (paraspruzzi) (5)


 
Ammiravo quasi con tenerezza come Orlando, classe 1937, fosse interessato a capire perché facessi tutto questo. Facevo finta di non ascoltare le sue continue domande, perché in realtà sarei rimasto ore e ore a spiegare le motivazioni di questa mia ossessione.
 
Il tempo in questi casi è sempre il nemico più temibile, lui era prezioso (Orlando pure!), e usarlo per ascoltare attentamente, invece che per parlare, era diventata una mia virtù, un dovere, un piacere indescrivibile. Quando sovente gli mostravo le mie scartoffie nei bar di Omegna, lui stesso mi chiedeva: "Ma non è che arrestano anche me per queste cartacce..." e rideva. "Ma no… hai 85 anni", rispondevo. Poi ancora ripetevo "Se qualcuno va dentro, quello sono io" E si rideva ancora!
 
 
I meccanici della Bialetti costruirono a mano decine e decine di questi "cappucci retinati", che ebbero il compito di interrompere l'irruenza del caffè in uscita. Tuttavia l'oggetto in questione fu teatro di successivi studi che videro il suo utilizzo evolversi fino alla formazione di una "crema caffè", che avrebbe ricordato la bevanda fatta al bar (in realtà non si sarebbe trattato altro che di una schiuma).


Officina Bialetti: paraschizzi, anni '60 (6)

Ambita sin dalla notte dei tempi, soprattutto in Germania, la crema fu sempre oggetto di smisurate discussioni, e io personalmente cercavo di starne alla larga… Credevo fosse la scusa minimalista nel descrivere un caffè, che poneva in ombra i diversi sistemi d'estrazione della bevanda conosciuti in tutto il resto del mondo. Seppur sicuro della sua importanza nel racchiudere i "profumi del caffè", nonché delle vicende che contraddistinsero gli abili inventori e costruttori del passato nel cimentarsi nell'ardua scoperta, quando se ne parlava, preferivo rimanere disattento, indifferente a quell'entità cremosa, apparentemente essenziale per il resto del mondo nel descrivere la perfetta bevanda. Ma io possedevo il progetto del rompi- getto, poi rinominato "paraspruzzi"!



Disegno tecnico del paraspruzzi, 1966 (7)


Ogni qualvolta che presentavo ad Orlando un disegno da lui firmato negli anni '60, ammiravo la sua reazione. Scioccato, l'ormai famoso acquarellista, rimaneva senza parole ad ammirarlo. Solo dopo alcuni secondi, storcendo gli occhi, sorrideva chiedendomi come da rito, dove avessi trovato "quella roba". Alla domanda, di come fosse stato possibile avere più copie cartacee dello stesso progetto, Orlando rispose spiegandomi che nell'ufficio tecnico i progetti madre vennero disegnati su lucido. Ad ogni di esso apparteneva una copia su carta, ma qualvolta ci fosse stato il bisogno di una modifica o semplicemente di verificare alcuni dettagli, il lucido originale veniva introdotto in una rollatrice che grazie ad alcune sostanze chimiche riproduceva il progetto su carta, pronto ad essere scarabocchiato nuovamente.


Orlando e il sette e mezzo

 
Orlando rimase in ogni caso esterrefatto, letteralmente a bocca aperta, quando gli mostrai il progetto di un raccoglitore di una caffettiera da 7 tazze e ½. "Per diavolo, da dove arriva questo disegno?" esclamò, risistemandosi gli occhiali!
 
Sì, ineffetti alla Bialetti, in gran segreto, si lavorò alla possibilità di commercializzare in Italia questa capienza. Fu probabilmente prodotta in seguito solamente per il mercato statunitense. Il tutto venne confermato da un opuscolo che trovai in una caffettiera Bialetti anni '60, proveniente proprio dagli Stati Uniti, dove alla voce "capienze" venne presentata la fatidica "Caffettiera 6 tazze Famiglia - 7 ½".
 
Forse, il produrre una caffettiera con una marcia in più, fu un pensiero bonario rivolto a tutti i nostri connazionali, o forse rappresentava l'accettazione delle capienti tazze usate nell'american breakfast.
 
In Italia, infatti, quella misura avrebbe fatto rabbrividire anche il miglior giocatore d'azzardo, o avrebbe riempito di incubi il più scaramantico appassionato del lotto. Quante caffettiere con la misura 7 ½, furono prodotte a Crusinallo, rimase – per fortuna – un mistero!




Disegno tecnico delle piastrine filtro anche con misura7½, 1965 (8)


Le caffettiere di porcellana

 
 
L'instancabile team Bialetti progettò dalla metà degli anni '60 centinaia   di affascinanti raccoglitori di porcellana. Fu chiaro che per la base della nuova caffettiera, a Crusinallo si sarebbe optato ancora una volta per l'allumino. Tuttavia, le sperimentazioni non terminarono, e i progetti continuarono. Venne studiata anche una versione cilindrica in acciaio inossidabile, ma aihmè, Renato Bialetti non amava particolarmente quel materiale. Del progetto rimasero solamente alcuni schizzi.

 


Lucido del raccoglitore in porcellana su caldaia in acciaio, anni '60 (9)


 
Perché abbandonare la tanto amata forma ottagonale? Due furono le caffettiere di porcellana che la Bialetti commercializzò. Una delle versioni, a cui lavorò anche Orlando Piazza, diventò alcuni anni dopo la "caffettiera Hermosa", che ebbe uno sviluppo alquanto sofisticato.
 
 
Nel frattempo, tra un caffè, e tanti ricordi, Orlando continuava a scarabocchiare, timoroso che non avessi appreso tutto... e le caffettiere in porcellana assumevano mille sfaccettature e forme.

 

Schizzi disegnati al tavolino di un bar dall'ultraottantenne Orlando Piazza (10)


Non poche furono le difficoltà che il team tecnico Bialetti affrontò nella progettazione della caffettiera Hermosa e in particolare del tirante che appoggiava in perfetta sintonia sulla ghiera, a sua volta avvitata alla caldaia.


     





Disegno tecnico del tirante e particolari della caffettiera Hermosa, 1970 (11-12-13)


 
La caffettiera Hermosa non ebbe un successo clamoroso anzi, l'approcio con il pubblico fu alquanto freddo. Probabilmente perché si trattava di un sistema alquanto complicato, inusuale per i più timorosi, spaventati da quella ghiera, che assomigliava più che altro a un'arma da lancio usata  dai ninja. Il raccoglitore, che anch'esso incuteva terrore, diventava mobile, pronto più a cadere che a servire il sospirato caffè!
 
La seconda versione, diventò la più famosa: la Flory Express (pag. 250), Proprio lei, la dama di porcellana, incontrò enormi consensi soprattutto tra il pubblico femminile.


Lo studio della forma ottagonale

 
Orlando mi ripeteva timoroso, quasi volesse dileguarsi o scusarsi. "Ma l'ho fatto solamente come studio, ero giovane..." E io senza dargli tempo di continuare, sottolineavo la preziosità di quei disegni, fregandomene delle sue scuse.
 
Con lui affrontammo anche un argomento alquanto complicato: la nascita della figura ottagonale e il suo utilizzo. Sarebbe stato troppo facile cominciare a discutere, smontare o a denigrare le teorie da lui proposte. Io invece approfittavo della mia posizione da ingordo privilegiato: orgoglioso spettatore, testimone dei racconti confusi, indecifrabili, emozionanti, veri. Certo, il mio compito fu quello di ascoltare le ultime trame, libero di non ricercare la perfezione in esse, ma libero di godermele tutte.
 
 
Lo studio delle forme geometriche che contraddistinguono i prodotti Bialetti, inconsciamente attingono alla conoscenza insita nel DNA italiano. Infatti, ci permettiamo di confrontare la forma della caffettiera  Bialetti,  la  quale  si  distingue  per la sua geometria formata da faccie (ottagono). Sia  la forma del coperchio che il corpo di tutta la caffettiera, si inseriscono perfettamente nelle proporzioni classiche del disegno leonardesco (l'uomo vetruviano).
 
In più queste forme richiamano anche la perfezione geometrica che emerge dalla visione, vista dall'alto, del Castello di Federico II di Castel del Monte (Puglia).


Orlando Piazza                            
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   









Studio della forma ottagonale (14 –15)
 
 
 
 


info@brolodinonio.com- associazione"IGatti di Brolo" -©2007 brolodinonio.com
Torna ai contenuti